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L'Ombra del Dubbio: Un Morso, un Errore Giudiziario e la Ricerca della Verità

Phoenix, Arizona. In una fredda notte di dicembre del 1991, il CBS Lounge, un tranquillo bar di quartiere, divenne il macabro palcoscenico di un efferato delitto. Kim Ancona, la manager del locale, una ragazza sveglia e apprezzata da tutti, fu trovata senza vita nel bagno degli uomini, il corpo segnato da una violenza inaudita e un'inquietante impronta di un morso sul petto.


Le indagini scattarono immediatamente. Gli unici indizi a disposizione degli inquirenti erano l'arma del delitto, un coltello da cucina, nascosto in un cestino, l'impronta di una scarpa Converse misura 43,5 nel corridoio e alcuni peli non appartenenti alla vittima. Ma l'elemento che più di ogni altro catturò l'attenzione fu quel morso, un segno distintivo che prometteva di condurre dritto all'assassino. Sul bancone, due drink versati dopo l'orario di chiusura suggerivano che Kim conoscesse il suo aggressore e lo avesse fatto entrare in un'area riservata.


I sospetti si concentrarono presto su Ray Krone, un postino e frequentatore abituale del bar, noto per il suo carattere difficile e per una presunta infatuazione, forse ricambiata, per Kim. La sua dentatura presentava una caratteristica compatibile con il morso: un incisivo sinistro sporgente. Nonostante Krone avesse un alibi confermato da un coinquilino e negasse qualsiasi coinvolgimento sentimentale o appuntamento con la vittima quella sera, la corrispondenza del morso, definita "perfetta al 100%" da un illustre odontologo forense, il dottor Rawson, sembrò inchiodarlo. Ray Krone fu arrestato alla vigilia di Capodanno del 1991 e, nonostante si proclamasse innocente, fu condannato a morte per omicidio di primo grado e tortura.


Ma la giustizia, a volte, percorre strade tortuose. Dopo tre anni nel braccio della morte, la Corte Suprema dell'Arizona concesse a Krone un processo d'appello. Un nuovo team legale, guidato dall'avvocato Chris Plourd, iniziò a smontare pezzo per pezzo l'impianto accusatorio. emersero incongruenze: i peli ritrovati sul corpo di Kim appartenevano a un uomo di origine asiatica o nativo americano, e l'impronta della scarpa era più piccola di quella di Krone. Un altro esperto odontologo, il dottor Sperber, mise in discussione la validità della perizia sul morso, evidenziando discrepanze significative tra il calco dei denti di Krone e il segno lasciato sulla vittima.


Nonostante queste nuove prove e la testimonianza di altri tre dentisti forensi a favore di Krone, la giuria confermò il verdetto di colpevolezza. La speranza sembrava svanire, ma un dettaglio cruciale emerse quasi per caso: il dottor Rawson, il perito chiave dell'accusa, avrebbe ammesso in una conversazione privata con un collega di aver commesso un errore nella sua valutazione iniziale, pur continuando a negarlo pubblicamente.


La svolta definitiva arrivò nel 2001, grazie a una nuova legge dell'Arizona che permise a Krone di richiedere ulteriori test del DNA. L'analisi di minuscole macchie di sangue trovate sui jeans della vittima rivelò un profilo genetico sconosciuto. Inserito nel database nazionale, questo DNA portò a un nome: Kenneth Phillips, un uomo con precedenti per molestie sessuali, che all'epoca dell'omicidio viveva a poche centinaia di metri dal bar. Phillips non solo era un nativo americano, ma le sue impronte digitali furono trovate nel bagno del locale, la sua misura di scarpe corrispondeva e, incredibilmente, anche la sua impronta dentale presentava lo stesso incisivo sinistro sporgente. Confessò di essersi svegliato la mattina dopo l'omicidio con le mani sporche di sangue e i postumi di una sbornia.


Dopo dieci anni e quattro mesi di ingiusta detenzione, Ray Krone fu finalmente scagionato e rilasciato nel 2002. L'incubo era finito, ma a un prezzo altissimo. Il caso di Kim Ancona e Ray Krone divenne un monito eloquente sui pericoli di un'eccessiva fiducia nelle perizie scientifiche, specialmente quando non supportate da altre prove inconfutabili. L'esame dell'arcata dentale, si scoprì, non possiede la stessa infallibilità delle impronte digitali. Ray Krone ha poi dedicato la sua vita a lottare contro la pena di morte e le ingiuste detenzioni, ricevendo un cospicuo risarcimento per l'errore giudiziario subito. E la famiglia di Kim Ancona, dopo anni di angoscia, ha finalmente potuto conoscere la verità sulla tragica fine della loro cara.